11 maggio: arriva il Plasticazzi Day

Avete presente quando andate al supermercato e ve ne tornate a casa, svuotate le borse e vi mettete a separare le cose che avete comprato dai plasticazzi che le avvolgono?

E’ quel momento in cui ti senti sporco perché ti rendi complice di una logica che disprezzi: consumare risorse per produrre cose che inquinano e non servono a niente.
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Io quella sensazione non la voglio più provare e mi sono rotto di sentirmi dire che devo essere il bravo cittadino che differenzia quella robaccia che non dovrebbe neppure essere prodotta.

Io voglio smettere di sentirmi in colpa per quanti rifiuti produco e voglio che i supermercati rivedano completamente le logiche di confezionamento degli alimenti che compriamo e che sia loro vietato di imballare le mele nel polistirolo o di mettere nel polietilene le arance sbucciate.

Ho indetto per sabato 11 maggio si tenga il primo #plasticazzi day, una giornata in cui mostreremo ai nostri supermercati di fiducia la quantità di plastica inutile che ci viene rifilata ad ogni acquisto. E diremo chiaramente noi i loro plasticazzi non li vogliamo.

Per prendere parte, basterà scattare una foto dei rifiuti generati e condividerla sui social usando l’hastag #plasticazzi e taggando il supermercato dove abbiamo fatto acquisti. La rete farà il resto.

Mettere al bando le plastiche per imballare gli alimenti è compito dell’Unione Europea, ma la scelta di vendere o no certa robaccia è di ogni singolo marchio di distribuzione.

 

Cosa ci dice l’aumento del prezzo della benzina

Ricordo che prima delle elezioni l’attuale ministro degli interni aveva promesso che il primo provvedimento che avrebbe messo in atto sarebbe stato il taglio delle accise sulla benzina.

Oggi, a distanza di un anno, non solo i prezzi alla pompa non sono diminuiti, ma hanno raggiunto la soglia psicologica dei due euro al litro, a causa dell’inasprimento dei rapporti tra IRAN e USA. Questa è una notizia tragica per quel 66% della popolazione italiana che possiede un’auto e che, in molti casi, è costretta oggi a scegliere tra fare il pieno, oppure investire i propri soldi in cultura, in una cena al ristorante o semplicemente in prodotti alimentari di qualità distribuendo i propri denari sul territorio.

Se c’è qualcosa che mi ha insegnato l’esperienza di amministrare un’azienda è che la prima cosa da fare per aumentare la disponibilità economica è tagliare i costi che non portano valore.

Liberare le famiglie italiane dalla costrizione di utilizzare l’automobile in ogni circostanza è il modo più veloce per aumentare il reddito disponibile dei cittadini che può essere utilizzato per finanziare attività che promuovono il benessere e la qualità della vita invece che la distruzione del pianeta e delle vie respiratorie.

Inoltre ridurre la dipendenza dal petrolio è il modo per evitare di essere ricattati dalle superpotenze che gestiscono il mercato degli idrocarburi.
Servono delle scelte drastiche e che non possono più essere rimandate.
Servono ora.

Ripensare le tasse per un’economia circolare e sostenibile

È bastato un solo anno di governo di Lega Nord e Movimento 5 Stelle per arrivare a parlare apertamente di aumento dell’IVA. Quota 100 e il cosiddetto reddito di cittadinanza hanno bisogno di soldi per essere finanziati e di soldi nelle casse dello Stato evidentemente non ci sono.

Il momento in cui l’IVA passerà dal 22% al 25% è dietro l’angolo e presto potremo raggiungere lo stesso livello di tassazione di paesi come la Danimarca e la Svezia senza, però, lo stesso livello di servizi al cittadino. Semplicemente si pagherà di più per sostenere quelle politiche che a detta dei nostri governanti, dovrebbero “abolire la povertà”.

Ma non tutti pagheranno allo stesso modo: passare dal 22% al 25% di tassazione significa che un paio di scarpe che oggi costa 50 € costerà 51,22 €.

1,22 € possono sembrare poca cosa, ma tutto dipende dalla prospettiva di chi osserva il fenomeno: 1,22 € sono lo 0,12% del salario disponibile per chi guadagna 1000 € al mese, lo 0,24 % per chi guadagna 500 € al mese e lo 0,024% per chi ne guadagna 5000 €.

E se alla fine del mese sommiamo tutti quegli zerovirgola è facile capire che chi fa fatica a farsi bastare lo stipendio, farà ancora più fatica, mentre chi è più agiato non noterà la differenza, con buona pace della propaganda di abolizione della povertà.

La flat tax funziona così, d’altronde.

Ma la questione qui non è tanto la scelta di aumentare o meno le tasse (se servono i soldi, da qualche parte vano presi), piuttosto la logica con cui questi aumenti vengono fatti e quali prodotti e servizi vengono interessati: in questo momento tutti i prodotti e i servizi della stessa categoria merceologica sono interessati dalla stessa aliquota IVA indipendentemente dal proprio contenuto.

In questo modo oggi ci troviamo di fronte alla situazione per cui l’acquisto di una nuova aspirapolvere o la riparazione dell’aspirapolvere vecchia che non funziona più sono tassati con lo stesso 22%, un modo che ha lo Stato per dire che è del tutto indifferente che si acquisti un nuovo elettrodomestico prodotto in Cina in chissà quali condizioni o si consenta all’omino che ripara le cose nel quartiere di crearsi uno stipendio.

Oggi la stessa aliquota IVA viene applicata alle automobili (che inquinano) e alle biciclette (che non inquinano),  alla saponetta (che è 100% prodotto) e al sapone liquido (venduto con tanto di contenitore in plastica che poi deve essere smaltito), alla farina e all’aragosta.

Io credo però che lo Stato oggi non possa più essere indifferente rispetto alla direzione del proprio sviluppo economico: deve prendere una decisione su quale tipo di modello vuole perseguire perché abbiamo appurato che un’economia lineare andrà necessariamente a sbattere contro il muro delle risorse finite del pianeta.

È arrivato il momento di iniziare a premiare ciò che serve allo sviluppo di un’economia circolare e di penalizzare ciò che serve solamente a far crescere il PIL ma senza generare ricchezza e le tasse sono uno degli strumenti più potenti che abbiamo per indirizzare le scelte di consumo e di sviluppo di un paese.

Alzare le tasse su tutti i prodotti indistintamente è il modo migliore per far pagare ai poveri l’incapacità di una classe dirigente di gestire le finanze di uno Stato e di rimandare ulteriormente il problema del modello di sviluppo su cui si basa l’economia del Paese con conseguenze sempre più gravi.

Per questo occorre al più presto cambiare l’attuale classe dirigente e i rappresentanti nelle istituzioni.

#votapinz

La dura lotta contro i plasticazzi

Qualche settimana fa ho inviato una mail al gruppo dei Verdi di Milano proponendo un’azione di contrasto alla produzione e diffusione delle plastiche: montare un banchetto davanti a un supermercato e raccogliere gli imballi in eccesso per poi restituirli al mittente.

Ieri eravamo una decina davanti all’Esselunga di viale Papiniano a Milano a raccogliere quelli che abbiamo chiamato “plasticazzi”: contenitori in plastica ridondanti che servono solamente a chi li produce.

Ciascuno ha arricchito l’idea di base, abbiamo prodotto un volantino per spiegare i motivi della nostra azione ai clienti del supermercato e abbiamo offerto un sacchetto di carta per portare a casa i prodotti orfani dei plasticazzi .

Le persone con cui abbiamo parlato ci hanno dato pieno sostegno e in poco più di due ore abbiamo riempito ben due carrelli di plasticazzi. Qualcuno addirittura ha deciso di cambiare i propri programmi per la mattinata e aiutarci nella raccolta.

Al termine della mattinata, abbiamo consegnato il bottino di plastica non gradita al direttore del supermercato che è stato molto professionale e ha preso le difese della propria azienda.

Nonostante questo, la sensazione è che anche il personale del supermercato fosse d’accordo con la nostra azione perché se non sei un produttore di plastica, davvero non puoi essere d’accordo con l’idea di estrarre petrolio per produrre imballaggi che sono già inutili quando arrivano sullo scaffale.

Ieri a Milano i Verdi e chi ha partecipato all’operazione plasticazzi hanno lanciato un primo messaggio al sistema della grande distribuzione organizzata: i cittadini non hanno più voglia di essere considerati come consumatori a cui rifilare qualunque porcheria passi per la mente al direttore marketing della Pincopallo SpA.

Perché noi cittadini ci saremmo anche stufati di quelli che continuano ad arricchirsi producendo roba che avvelena la nostra catena alimentare. Noi cittadini ci siamo stufati di riciclare roba che non dovrebbe essere prodotta.

L’operazione plasticazzi continuerà con altri flashmob di raccolta e porterà a una richiesta di messa al bando per legge delle plastiche monouso. Sono convinto che i numeri per riuscirci ci siano e che sia solo una questione di tempo. Le aziende che operano nel settore del cibo dovrebbero cogliere subito l’opportunità di cambiare prima che siano costrette a farlo.

Se volete partecipare alla prossima operazione e volete dedicare un paio d’ore della vostra vita alla lotta ai plasticazzi nella vostra città, scrivetemi un messaggio, oppure lasciate un commento qui sotto.

United we stand, divided we fall.