Siamo a fine maggio e sembra di essere a novembre per quanto freddo, vento e pioggia stiamo vivendo. Questo mese di maggio è stato il più freddo degli ultimi 50 anni e tutto fa credere che dovremo presto abituarci a vivere in condizioni meteorologiche inconsuete, tra inverni caldi e aridi, primavere fredde e piovosissime.
Questo di per se sarebbe solo un fastidio – il fastidio di non riuscire più a fare un cambio di armadio propriamente detto – ma se si ragiona in termini di agricoltura e turismo, le cose cambiano radicalmente perché questi due settori impiegano complessivamente 2,5 milioni di persone.
Stagioni impazzite e meteo irregolare mettono a grave rischio questi comparti industriali perché impediscono le opportune pianificazioni, ma questo è davvero nulla se pensiamo che le gelate tardive e la carenza idrica possono tradursi in raccolti insufficienti a soddisfare la domanda di cibo.
Farsi trovare impreparati rispetto al cambiamento in atto è la cosa più sciocca che si possa fare ed è per questo che (come già fatto in passato), mi unisco al coro dei ragazzi di Fridays For Future e di tutta la lista elettorale Europa Verde nel chiedere alle istituzioni italiane (locali, regionali e nazionali) di dichiarare al più presto lo stato di emergenza ambientale e climatica a cui far seguire politiche congruenti.
In particolare:
– stop ai sussidi alle fonti fossili
– stop alla cementificazione del territorio
– riduzione delle tasse su attività ad alta intensità di capitale umano (es. riparazioni)
– sovvenzioni all’economia circolare
– demotorizzazione e transizione a modelli di mobilità attiva e residualmente elettrica
Dubito fortemente che i soggetti che al momento compongono la maggioranza di governo possano riuscire a comprendere il significato di questa azione se non a fini meramente elettorali, ma arrendersi non è un’opzione.
In gioco c’è il nostro futuro e quello della nostra specie.
