Gli ultimi sondaggi ci dicono che l’84% degli Italiani vuole che i partiti affrontino il problema del riscaldamento globale e facciano dell’Unione Europea un leader mondiale nella lotta contro i cambiamenti climatici.
La reazione più ovvia e immediata è un fiorire di dichiarazioni da parte di partiti di ogni estrazione che giurano e spergiurano di essere da sempre dalla parte dell’ambiente (anche se poi scambiano l’anidride carbonica con il cobalto, ma questa è un’altra storia) e inanellano una serie di proposte per dimostrarlo, la prima delle quali è sempre l’auto elettrica eretta a panacea di ogni male ambientale del terzo millennio.
Se da un lato questa è una buona notizia (finalmente ci si rende conto dell’impatto ambientale dei trasporti), dall’altro siamo di fronte alle solite frottole di chi non avendo idea di come risolvere i problemi, cerca il toccasana da dare in pasto all’opinione pubblica in cambio di una manciata di voti.
Ma andiamo con ordine:
L’approvvigionamento di energia/1
Se è vero che in principio le automobili elettriche inquinano meno delle auto con motore endotermico, è anche vero che tutto dipende dal mix energetico utilizzato per la loro alimentazione: se l’energia elettrica viene prodotta bruciando petrolio o carbone, la questione delle emissioni di inquinanti viene semplicemente spostata dal cofano dell’auto alla centrale elettrica senza alcun beneficio.
Al momento solo il 33% dell’energia prodotta in Italia proviene da fonti rinnovabili, mentre il resto proviene da fonti fossili. Un’auto elettrica in Italia oggi è di fatto un’auto che consuma meno idrocarburi rispetto a un’auto a motore endotermico, ma non è esattamente “pulita”.

Un generatore di corrente diesel per caricare un’auto elettrica
L’approvvigionamento di energia/2
Le auto elettriche hanno bisogno di batterie che necessitano di essere ricaricate. Il problema è che fare il pieno è più complesso e lungo che non con le auto a benzina/diesel. Per quanto esistano tecnologie che promettano ricariche veloci in 15 minuti, oggi per una ricarica completa occorrono 2/3 ore (o 6 con un impianto domestico tradizionale). Solo Milano può contare su un parco di 700.000 auto a cui si aggiungono le 900.000 che entrano ogni giorno: considerando che sono quasi tutte parcheggiate in strada, quante colonnine servirebbero per ricaricarle tutte?
La questione delle batterie
Anche se risolvessimo la questione dell’approvvigionamento di energia rendendolo rinnovabile al 100%, resterebbe pur sempre la questione delle batterie che vengono prodotte estraendo un metallo raro, il litio, che è molto impattante in fase di estrazione e in fase di smaltimento. L’obiettivo è risolvere i problemi, non crearne di nuovi.
L’impatto produttivo
Il Lifecycle Assessment (LCA) è lo strumento riconosciuto internazionalmente per valutare l’impatto ambientale in termini di emissioni di CO2 per tutto il ciclo di vita del prodotto, dalla culla alla tomba. Un’auto elettrica (con l’attuale mix energetico italiano) corrisponde più o meno a 580.000 km percorsi da un’auto diesel. Non ci siamo.
La questione traffico
Se anche sostituissimo tutte le auto del pianeta con auto elettriche e avessimo risolto la questione dell’approvvigionamento di energia rinnovabile, rimarrebbe pur sempre il problema del traffico: con 62 auto ogni 100 abitanti, l’Italia ha il più alto tasso di motorizzazione in Europa. Sostituire i motori non cambierà di una virgola il problema del traffico che ogni anno ci costa l’1,5% del PIL.
La questione incidentalità
Ogni anno in Italia muoiono 3.500 persone a causa di incidenti stradali e altre 20.000 persone restano gravemente ferite. Questa è la vera emergenza sicurezza che il nostro paese si ritrova ad affrontare e che solamente in termini economici costa 30 miliardi di euro/anno al sistema paese, senza considerare il dramma delle famiglie distrutte da questo bilancio terrificante.
Sostituire il motore delle automobili non risolverà in nessun modo il problema.
La questione temporale
In Italia al momento circolano oltre 44 milioni di autoveicoli e ogni anno si vendono circa 1,6 milioni di autoveicoli. Se anche a partire da oggi si vendessero solamente auto elettriche, occorrerebbero circa 27 anni per sostituire tutto il parco auto circolante. Ma noi non abbiamo tutto questo tempo.
La soluzione
Se l’automobile elettrica non è la soluzione, allora, qual è la soluzione ai problemi dell’inquinamento, del contenimento delle emissioni di CO2 e del benessere della popolazione?
Contrariamente a quanto sostengono i cacciatori di voti facili, non esiste una soluzione unica, ma un mix di strumenti che se implementati, possono ridurre l’impatto ambientale dei nostri trasporti e aumentare la qualità della nostra vita.
Cambiare modello
Il ‘900 si è basato sul concetto di fluidificazione del traffico, ovvero si è cercato di rispondere alla domanda “quante auto possiamo spostare nel minor tempo possibile?”. Questo ha creato una domanda indotta e sempre più persone hanno deciso di spostarsi in auto saturando ogni spazio disponibile. Oggi dobbiamo cambiare la domanda e chiederci “quante persone possiamo spostare nel minor tempo possibile?”.
Per farlo, dobbiamo invertire l’ordine delle priorità e privilegiare prima di tutto gli spostamenti a piedi e in bicicletta, poi quelli con il trasporto pubblico, poi la mobilità condivisa e infine la mobilità privata a motore. L’illustrazione qui sotto lo spiega chiaramente.
Come si fa? Ridistribuendo in modo coerente lo spazio e i finanziamenti pubblici.
Ridurre il parco auto circolante
Con 62 auto ogni 100 abitanti, l’Italia è il paese con il tasso di motorizzazione più alto in Europa e gli effetti negativi li vediamo tutti i giorni dentro alle nostre città. Se non riduciamo il numero delle auto in circolazione non risolveremo mai il problema.
Servono incentivi a chi abbandona l’automobile a favore di altre forme di mobilità.
Serve una redistribuzione dello spazio pubblico per creare infrastrutture ciclabili e luoghi per la socialità delle persone. I casi in tutto il mondo dimostrano che quando si tolgono le auto dalle strade aumenta il fatturato del commercio al dettaglio.
L’obiettivo deve essere arrivare nelle città al 20% di spostamenti in automobile, mentre il resto deve avvenire a piedi, in bicicletta e con il trasporto pubblico.
Rivedere la logistica urbana
Le nostre città sono oggi ostaggio di una logistica fatta da furgoni diesel parcheggiati perennemente sul marciapiedi con le quattro frecce accese, il tutto per la consegna di un libro. Secondo uno studio della European Cyclelogistic Federation, il 51% delle esigenze logistiche urbane possono essere risolte con biciclette di varia forma e natura.
Occorrerà anche ripensare tutta la distribuzione lavorando sulla creazione di microhub urbani per la consegna/prelievo di pacchi e pacchetti per evitare che a spostarsi siano i furgoni.
Professionalizzare l’uso dell’automobile nelle città
L’automobile è un mezzo di trasporto che se usato impropriamente e con superficialità può causare danni molto gravi. Non si può più continuare a lasciare le auto nelle mani di chiunque. Bisogna andare verso un futuro di professionalizzazione dell’uso dell’automobile, in cui solamente chi è fisicamente e mentalmente idoneo può condurla, soprattutto all’interno delle città. Questo significa aumentare di molto il numero di taxi in circolazione e, conseguentemente, ridurre le tariffe per renderne l’uso accessibile a tutti.
Potenziare il trasporto pubblico
Da quando hanno introdotto i treni ad alta velocità per andare da Bologna a Milano occorre un’ora. Esattamente quanto ci vuole, poi, per spostarsi da una periferia all’altra.
Occorre potenziare i trasporti pubblici partendo da un criterio di leggerezza infrastrutturale ed economia: continuare a scavare per realizzare metropolitane sotterranee è un inutile spreco di risorse, di tempo, di energia e di CO2.
Le migliori esperienze in giro per il mondo dimostrano che tram, metropolitane leggere di superficie e i Bus Rapid Transit sono il modo più efficiente per spostare le persone.
Come dite? Il problema è lo spazio? Basta togliere le auto e avremo tutto lo spazio che serve.
Potenziare le infrastrutture ciclabili
A Copenaghen il 50% della popolazione si sposta quotidianamente in bicicletta per raggiungere il posto di lavoro o la scuola. A Milano solo il 6% lo fa.

Il traffico di Copenaghen
Il motivo è la mancanza di una rete capillare di infrastrutture per la ciclabilità (piste ciclabili, ma non solo). Partendo dal presupposto che per ogni km percorso in bicicletta la società ha un beneficio netto di 0,23 €, mentre per ogni km percorso in automobile la società ha un danno netto di 0,84 €, qualunque investimento si decida di fare per la ciclabilità, non sarà mai abbastanza.
Ridurre le velocità
Per quanto negli ultimi anni si sono ridotte drasticamente le morti da incidente stradale, non può sfuggire che la riduzione è avvenuta unicamente all’interno dell’abitacolo delle automobili grazie a soluzioni tecnologiche come le cinture di sicurezza, l’abs, il ripensamento delle scocche; mentre il numero di pedoni e ciclisti vittime di incidenti mortali sono stabili nel tempo.
Visto che la velocità è la principale causa di incidentalità stradale, la riduzione delle velocità deve essere la strada da percorrere. 30 km/h deve essere la velocità massima ammissibile nelle aree urbane (ad eccezione delle strade di scorrimento).
Questo obietivo può essere perseguito attraverso interventi di moderazione del traffico, controlli elettronici delle velocità, oppure attraverso strumenti tecnologici (Intelligent Speed Adaptation) che leggano la strada e limitino la velocità delle auto direttamente dalla centralina.
E l’auto elettrica?
Alla luce di quanto detto fino a questo momento, l’auto elettrica è la soluzione alla mobilità solamente in modo residuale, ovvero quando tutte le altre soluzioni sono da escludersi. Quindi benissimo sostituire il parco auto passando dalla combustione di idrocarburi all’elettrico, ma solamente mentre si lavora drasticamente alla riduzione del parco auto esistente.
E l’Unione Europea?
Come forse saprai, ho deciso di candidarmi alle elezioni europee 2019 nella lista Europa Verde nella circoscrizione Nord Ovest (Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta).
Già in molti mi hanno chiesto cosa c’entri l’Unione Europea con questi temi, ma il fatto è che il Parlamento Europeo è l’organismo preposto all’approvazione del bilancio dell’Unione Europea, ovvero laddove viene deciso come si distribuiscono i denari pubblici.
+ Bici – Auto, insomma.