Elezioni amministrative 2021 a Milano: le mie indicazioni di voto per Sindaco, Consiglio Comunale e Zona 1

Mancano ormai poche manciate di ore alle elezioni per il nuovo sindaco di Milano e sta finalmente giungendo al termine una delle campagne elettorali meno entusiasmanti della storia.

Ho pensato molto a come usare il mio voto e voglio condividere qui con voi le mie conclusioni.

Il sindaco

Sul sindaco non ho dubbi: voterò per Beppe Sala.

Non solo perché tutti gli altri candidati sono davvero improponibili, ma perché sono realmente convinto che se anche ci fosse la possibilità di votare un milanese chiunque alla guida di palazzo Marino, difficilmente si potrebbe trovare una persona altrettanto capace di gestire una macchina così complessa in un momento tanto delicato.

Perché per guidare una città come Milano occorre competenza e visione, serve uno che sappia fronteggiare ostacoli senza eccessivi tentennamenti, uno che lo abbia già fatto in passato e Sala lo ha dimostrato in diverse occasioni.

Capiamoci, non credo che Sala sia perfetto e ritengo anzi che nel corso del primo mandato abbia inanellato una serie di errori anche abbastanza eclatanti: ho avuto modo di rimproverargli anche pubblicamente una serie di scelte, tra queste il modo in cui ha gestito il Parco Bassini, l’impronta data alla città come divertimentificio, la storia del #milanononsiferma, la timidezza nella gestione della qualità dell’aria e tante altre.

Ma qui non si tratta di trovare l’anima gemella, si tratta di trovare un amministratore per la città in grado di traghettarla per altri 5 anni nel periodo della transizione ambientale. Amministro una piccola azienda e la cosa mi ha insegnato che solo chi non ha responsabilità non compie mai errori. Sbagliare è umano e l’unico errore imperdonabile è quando non si impara dai propri errori.

Dopo la pandemia ho visto Sala ricredersi su molte cose e nulla è in grado di attrarre la mia stima come qualcuno che sa cambiare idea. Con la pandemia Sala ha smesso di essere l’amministratore delegato di Milano ed è diventato un politico che deve risolvere problemi reali, non rispondere al consiglio di amministrazione.

Se vince, questo sarà il suo secondo e ultimo mandato: non avrà più nulla da perdere. Questo significa che dovrà dimostrare se la sua adesione ai Verdi Europei è stato solo un bla bla bla per smarcarsi dal PD o per attuare una reale politica di transizione ambientale.

Già nel corso del primo mandato Sala aveva creato un dipartimento per la resilienza con il compito di mitigare gli effetti del cambiamento climatico sulla città. In questo mandato mi aspetto di vedere messe in pratica le azioni in questa direzione.

Il consiglio comunale

Assieme al sindaco si voterà anche per il rinnovo del Consiglio Comunale. È importante che il consiglio dia forza alle idee e al programma del sindaco e non sia il luogo dove si tiene una guerra tra bande tra chi gioca su piccoli ricatti. Per questo motivo ho deciso che il mio voto andrà alla Lista Sala.

Perché voglio che il sindaco sia forte e affronti con forza e senza scuse le sfide che la città si trova davanti.

Chi mi conosce sa quanto peso e quanta importanza dò a temi come il consumo di suolo, la qualità dell’aria e alla mobilità attiva: sono i temi a cui ho dedicato gli ultimi 10 anni della mia vita sia come attivista, sia professionalmente. Ritengo pertanto che in consiglio comunale debba sedere qualcuno che capisca l’importanza di queste cose e ne conosca le logiche in modo compiuto.

Il mio candidato al Consiglio Comunale sarà pertanto Marco Mazzei.

Per chi non lo conoscesse, Mazzei è quello che si è inventato Abbracciami (l’anello ciclabile che ruota attorno a Milano), quello che ha animato due edizioni di Milano Bike City ed è stato tra gli iniziatori della Massa Marmocchi (l’iniziativa per accompagnare a scuola i bambini in bicicletta). È anche un attivista dei diritti LGBT.

Ci conosciamo ormai da una decina d’anni e personalmente lo trovo molto antipatico, è il tipo di persona con cui non andrei a cena, ma che invece trovo perfetta per sedere in Consiglio Comunale per fare le pulci a quei provvedimenti che vanno nella direzione sbagliata. Ha le idee e le competenze giuste. Vuole una città con meno auto e più bici, con più spazio per i disabili e per chi cammina. Insomma, è il mio uomo.

La mia altra preferenza andrà a Lucia Audia, per il suo impegno in materia di rigenerazione urbana, salute territoriale e di prossimità, politiche dell’abitare e a quelle per il lavoro e partecipazione attiva dei cittadini.

Consiglio di Zona 1

Ah, sì, si vota anche per il rinnovo dei Consigli di Zona. Io vivo in Zona 1 (centro) e il caso ha voluto che si candidasse nella lista Sala il mio vicino di casa, Alessandro Pacetti. Io e Alessandro ci siamo conosciuti 5 anni fa, quando io e Pinar ci siamo trasferiti a Milano. Ci vediamo quotidianamente sul balcone.

In questo anni mi prendo il merito di aver messo Alessandro in bicicletta e di avergli fatto conoscere cosa significa la ciclabilità per una città, il valore dell’andare a piedi, degli spazi per le persone. È stato un lavoro duro, fatto di aperitivi e cene, di confronti alle volte anche accesi sul tema della gestione della città.

In 5 anni sullo stesso pianerottolo, ho visto Pacetti prendersi cura dei vicini di casa durante il lockdown e del condominio per le questioni quotidiane. L’ho visto gestire i rapporti con il vicinato e con i bulletti di quartiere. È uno ostinato e preciso, ordinato fino all’ossessione e mi piace l’idea che il centro storico della mia città possa essere gestito da uno così.

Gli altri

Con questo non voglio direi che non ci siano altre persone di valore candidate in questo momento. Tra queste posso menzionare Enrico Fedreghini, storico dei Verdi e candidato al Consiglio Comunale con la Lista Civica Beppe Sala; Claudio Garrone ed Emanuele Bompian, candidati con la Lista Europa Verde; Pierfrancesco Maran, assessore uscente all’urbanistica, quello che ha voluto le piazzette tattiche in giro per Milano.

A loro auguro i miei più sentiti in bocca al lupo per queste elezioni, tuttavia in questa fase mi sento costretto a essere più realista del re e mi sento di dire: voglio Beppe Sala sindaco e lo voglio forte.

E buon voto a tutti noi.

Sala nei Verdi europei: nuova alba dei Verdi italiani?

Nel mio ultimo post su questo blog tifavo per un sostegno da parte dei Verdi italiani alla candidatura di Beppe Sala a sindaco di Milano. Seppure in modo molto rocambolesco, le cose sono andate proprio in questa direzione e, ieri mattina, dalle colonne di Repubblica il sindaco meneghino ha spiazzato tutti annunciando addirittura la propria adesione al partito dei Verdi europei.

L’annuncio di Sala è arrivato dopo che alla Camera dei Deputati si è creato il gruppo “Facciamo Eco” composto dalla ex presidente di Legambiente, Rossella Muroni, l’ex ministro grillino Lorenzo Fioramonti e Alessandro Fusacchia che sono anch’essi entrati nella famiglia dei Verdi europei.

Le notizie sono ottime e infondono ottimismo perché la crisi climatica è sotto gli occhi di tutti e per realizzare le riforme necessarie serve non solo un partito ambientalista forte e credibile, con vocazione maggioritaria e che sappia parlare con tutti gli stakeholder in gioco, ma anche persone capaci di far succedere le cose.

Quelle cose, ovvero, che fino a questo momento i Verdi italiani non sono riusciti a fare nonostante il vento propizio dell’onda verde sostenuta dalle giovani menti dei Fridays for Future.

E se prestiamo un po’ di attenzione alle parole, ci accorgiamo che i politici di peso finora menzionati hanno tutti annunciato la propria adesione al Partito dei Verdi Europei, ma non alla Federazione Italiana dei Verdi (che pure fa parte della famiglia dei Verdi Europei) che si è affrettata a dare il benvenuto in squadra al sindaco di Milano, rivendicando allo stesso tempo la titolarità nell’uso del brand come da statuto.

E qui si apre il grosso della questione: la federazione italiana dei Verdi è composta da una rigida struttura di organismi e contro-organismi che su base locale, regionale e nazionale hanno il compito di dare corpo al partito e le procedure vorrebbero che il signor Sala, dopo aver annunciato la propria adesione al partito, si faccia tutta la gavetta, gradino dopo gradino per arrivare al vertice.

Ma le cose difficilmente andranno in questo modo: al di là dei messaggi di benvenuto dell’ultima ora, vale la pena ricordare che nel gennaio 2020 il Sindaco di Milano disse che i “Verdi italiani dovrebbero chiedere scusa agli Italiani per il proprio 2%” a cui i Verdi risposero annunciando che avrebbero corso da soli alle elezioni amministrative in contrapposizione a Sala, salvo poi contarsi le dita delle mani e scoprire di non avere i numeri per farlo quindi tornare sui propri passi. Vae Victis!

In un contesto simile la federazione dei verdi italiani è quindi più un fastidio che un problema per Sala, poiché il sindaco di Milano ha già ricevuto la benedizione per il proprio operato da Bruxelles (leggi dal Partito dei Verdi Europei) con cui da mesi sono in corso incontri e dialoghi, mentre il fronte interno dei Verdi è diviso tra coloro che vogliono difendere la propria posizione di preminenza all’interno del partito da difendere con le unghie e con i denti e quelli che, invece, da sempre guardano con invidia agli altri partiti verdi europei e sperano che succeda qualcosa in Italia che porti alla nascita di un vero partito ambientalista che sappia andare oltre l’approccio nimby.

L’annuncio di Sala è quel qualcosa che stavamo aspettando da anni e che, si spera, porterà a un’apertura a tutto il mondo dell’ambientalismo senza perniciose e nauseanti discussioni sulla legittima proprietà di un marchio che, tanto, non riesce ad andare oltre il 2% qualunque cosa succeda.

E gli ambientalisti?

Gli ambientalisti della prima ora a questo punto sono spaccati: da un lato ci sono quelli che non credono che Sala possa incarnare i valori della protezione dell’ambiente (alla luce di quello che ha fatto a Milano nel corso dei primi 3 anni di mandato) e quelli che non vogliono perdere l’opportunità di portare i temi ambientali al centro dell’agenda politica sapendo che Sala è in grado di realizzare cambiamenti impensabili (vedi quanto fatto nel corso dell’ultimo anno di mandato).

Personalmente ritengo che fintanto che il principale partito ambientalista italiano resta fermo al 2%, questo non avrà alcun impatto sulle sorti del pianeta, dell’Italia o di Milano, l’unica speranza è rimettersi in discussione, avviare un nuovo processo fondativo (come auspicavo già due anni fa) e allargare a tutti coloro che vogliono starci per far diventare la sostenibilità e l’emergenza ambientale la colonna portante dell’agire politico della più importante città italiana prima e del paese, poi.

Per questo motivo ho salutato con il massimo entusiasmo possibile la scelta di Sala di entrare nella grande famiglia dei Verdi Europei: perché l’unica alternativa al momento sarebbe l’irrilevanza totale del tema ambientale che è una responsabilità troppo pesante da portare in questo periodo storico.

E a quelli che si stracciano le vesti per l’ingresso di Sala nei Verdi europei (per eleganza eviterò di fare nomi) voglio rivolgere e rivolgerò solo una domanda: cosa “proponi di alternativo?”.

Nel frattempo, benvenuto Beppe. Ci aspettiamo grandi cose da te.

I verdi milanesi appoggino Sala

Alle scorse elezioni europee ho avuto l’opportunità di candidarmi nelle liste di Europa Verde (tessera in tasca dei Verdi) per portare avanti l’ideale di città che ogni giorno leggete sulle pagine di Bikeitalia.it.

Lo scorso mese di Luglio, sulla scorta dei risultati elettorali in molti comuni francesi in cui i Verdi locali hanno ottenuto grandi risultati, i Verdi milanesi hanno deciso (in modo alquanto rocambolesco) che la stessa cosa sarebbe avvenuta anche a Milano e perciò hanno annunciato che avrebbero corso da soli alle elezioni per il 2021 con un proprio candidato.

La notizia non ha gettato particolare scompiglio in una città azzerata da una pandemia, non ha fatto piovere richieste di partecipazione a questo peculiare progetto politico.

Mentre i Verdi milanesi non hanno ancora deciso chi sarà il proprio candidato sindaco, però, Sala ha sciolto il riserbo e ha annunciato la propria ricandidatura.

Dal mio punto di vista Sala è uno che ha amministrato per 4 anni Milano come si amministra un parco dei divertimenti e che, nel pieno della pandemia, ha lanciato la Strategia di Adattamento Milano 2020, un compendio di azioni da compiere per cambiare la città in una chiave più sostenibile e resiliente nell’era post-covid.

Al documento sono seguite delle azioni immediate: Sala è quello che per 4 anni non ha mai pronunciato la parola pista ciclabile e adesso ti giri per Milano e te le ritrovi fatte a una tale velocità che l’amministrazione non fa in tempo a raccontarlo e a farne notizia.

E guardate che non è una banalità perché cambiare la viabilità della città non è una cosa che si fa a fine mandato perché niente come la viabilità fa incazzare i cittadini.

A questo punto la questione politica non è più se Sala sarà o non sarà sindaco, ma se la città dei 15 minuti (contenuta nella citata strategia di adattamento Milano 2020 ) sarà realizzata oppure ci sarà altro che, al momento, non si vede.

A questo punto i Verdi milanesi si ritrovano di fronte alla scelta: mettere davanti a tutto la propria “fortissima e indipendente identità politica” oppure la strategia di adattamento Milano 2020 contribuendo ad arricchirla.

Io, verde (con la v minuscola), credo che in questo momento tanto difficile serve più di tutto unirsi. Perché divisi non vinceremo meglio le sfide del Covid e del post-covid: crisi economica ed emergenza climatica.

Io, verde, supporterò Sala e poi gli starò a dosso dopo che sarà eletto affinché faccia ciò che si è impegnato a fare.

Io, verde, non starò a perdere tempo dietro a un signor nessuno che cerca di presentare un programma più verde di quello di Sala, che però non c’è, perché la Strategia di adattamento Milano 2020 è quello che da 30 anni vanno predicando in giro per l’Europa i partiti verdi e con cui stanno vincendo ovunque le elezioni.

Non mi presto al gioco del “poi facciamo valere il nostro 3% al ballottaggio” perché nel mezzo di una pandemia non mi sembra un pensiero nobile.

Un po’ di responsabilità storica, per favore.

Su Beppe Sala, sindaco amico delle automobili

Il sindaco Beppe Sala ha oggi annunciato che il Comune di Milano si impegnerà per la riduzione del parco auto di Milano del 20% entro 12 anni (ovvero alla scadenza dell’ultimatum dato dai climatologi alla terra per contenere gli effetti dei cambiamenti climatici).

L’obiettivo dichiarato è quindi di passare dalle 51 auto ogni 100 abitanti attuali a 40 auto ogni 100 abitanti per avvicinarsi con molta calma alle altre capitali europee.

è evidente che Sala non è nemico delle macchine

La cifra che sembra così roboante nella bocca del primo cittadino di Milano, è davvero poca roba se messa in relazione con altre città europee come Berlino (oggi 29 auto ogni 100 abitanti), Parigi o Amsterdam (25 auto ogni 100 abitanti), Londra (31 auto ogni 100 abitanti) o Monaco (35 auto ogni 100 abitanti).

E rende perfino divertente il commento che accompagna l’annuncio, quello con cui Sala dichiara che “il raggiungimento dell’obiettivo non avverrà attraverso divieti” e che “noi non siamo nemici delle macchine”.

La saturazione dello spazio pubblico

Come se ci fosse stato bisogno di dichiararlo, che la giunta Sala non è nemica delle macchine: dal proprio insediamento a oggi Sala ha lavorato con precisione millimetrica per evitare di togliere più posti auto del minimo necessario, tollerando ampiamente il parcheggio selvaggio in qualunque luogo della città e rifiutandosi categoricamente di realizzare piste ciclabili laddove queste eliminerebbero parcheggi in strada.

Basta fare due conti per capire che la visione che intende portare avanti Sala è quella dei grandi annunci seguiti dalla mancanza di azione: gli analisti da tutto il mondo stanno da tempo avvertendo che il parco auto nei paesi occidentali ha raggiunto un limite oltre il quale non potrà crescere ulteriormente, il tutto mentre le nuove generazioni mostrano una crescente disinteresse nei confronti delle automobili.

La copertina dell’ultimo numero di Bloomberg Businessweek.

La riduzione del 20% del parco auto a Milano entro il 2030 è un obiettivo che per essere raggiunto non ha bisogno di politiche di sostegno, ma solo di stare a guardare.

E questo sembra essere esattamente ciò che farà Sala sul tema: stare a guardare. Stare a guardare le 100.000 auto parcheggiate in divieto di sosta ogni giorno a Milano, le selve di motorini che crescono e si moltiplicano sui marciapiedi.

E quindi mentre città come Oslo, New York e Madrid portano avanti ambiziose pedonalizzazioni all’insegna della road diet, Milano continuerà imperterrita a portare avanti politiche novecentesche che mettono l’automobile al centro lasciando i cittadini (e ancor più i bambini) ai margini, ostaggi del Milanese imbruttito che parcheggia dove gli pare perché lui lavora, guadagna, paga, pretende.

Solo una domanda: si può essere amici dei propri cittadini e, allo stesso tempo, amici delle automobili?