Lo scorso fine settimana si è tenuta l’assemblea costituente di Fridays For Future Italia, una due giorni durante la quali la meglio gioventù del bel Paese si è data appuntamento per stabilire una linea di azione comune per i prossimi mesiq.
La sfida è titanica: costringere l’Italia a intervenire con forza sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici.
Nella serata introduttiva i principali esperti di clima in Italia hanno presentato una (tragica) fotografia della situazione che il nostro pianeta si ritrova a fronteggiare e dei 12 anni a disposizione per invertire la tendenza.
La parte più interessante è stata a mio avviso la giornata successiva in cui i delegati di 105 città si sono alternati sul palco dell’auditorium Levi per presentare le problematiche e le aspettative dei propri territori.
In uno straordinario esercizio di democrazia che per la prima volta ha coinvolto la generazione nata a cavallo del millennio, sono stati segnati alcuni punti fermi del movimento che ruota attorno a Greta Thunberg, la 16enne svedese che ha iniziato gli scioperi per il clima.
Prossimo episodio sarà quindi il secondo sciopero per il clima che avrà luogo il 24 maggio e la seconda assemblea costituente che si terrà a Settembre a Napoli per riprendere il discorso con tutti i delegati.
L’assemblea dei #FFF di sabato 13 aprile è stata uno dei momenti politici più alti degli ultimi decenni; 500 ragazzi ragazzi armati di borraccia multiuso e tanta consapevolezza invece di incoronare un leader hanno sancito una leadership orizzontale fatta di sostegno alle energie rinnovabili e di lotta ai combustibili fossili, ferma opposizione alla politica delle grandi opere e comunque al sostegno a qualsivoglia attività economica inquinante.
La maggior parte degli interventi hanno utilizzato la parola “anticapitalismo” per definire la natura del movimento, ma che al momento della sintesi nel documento finale è stato decodificato come segue: “è necessario decostruire un sistema che mette il profitto prima della vita, inquinando e devastando i territori, nel nome di un concetto di sviluppo infinito in un mondo di risorse finite.”. Il capitalismo, appunto.
E qui, davvero, c’è tutto quanto occorre per un manifesto che sappia guidare l’umanità per affrontare le grandi sfide del terzo millennio.
Tutti i presenti erano assolutamente consapevoli del proprio compito politico, ma hanno colto l’occasione per rigettare ogni appartenenza partitica, consci che nessun partito attualmente presente in Italia possa essere minimamente in linea con le posizioni espresse (a parte i Verdi, aggiungo io).
Uno dei momenti più interessanti è stato toccato quando qualcuno ha chiesto di smettere di utilizzare la parola “cittadini” e di parlare di “persone”, perché molte persone che vivono nel nostro paese non hanno la cittadinanza italiana, ma sono anch’esse portatrici di diritti (e ciaone al ministro delle interiora).
Non sono mancati i momenti di assoluta tenerezza, come quando il rappresentante di Reggio Calabria è salito sul palco e ha detto “vorrei parlare a nome di Fridays For Future Reggio Calabria, ma non posso farlo, perché FFF a Reggio non c’è, così come in tutta la Calabria. Perfino il Molise, che non esiste, ha saputo fare meglio di noi. Aiutateci”.
E dal Molise ha risposto Oriana di Campobasso che ha detto chiaramente:
“la nostra generazione deve continuare a prendere parola. Dobbiamo cambiare il modello di produzione: siamo abituati a scegliere tra lavoro e ambiente. Dobbiamo superarlo”
La parola della Val Susa è stata portata da un ragazzo che non si è presentato, ma che ha messo una pietra tombale sul discorso TAV: “se ne discute da 30 anni senza il coinvolgimento dei territori. […] Entro il 2030 dobbiamo dimezzare le emissioni di CO2 e arrivare a zero entro il 2050. Come possiamo sostenere un’opera che entro il 2030 causerà 13 milioni di tonnellate di CO2 nell’ambiente.”
E dopo la TAV si è parlato dell’ILVA e del Mose di Venezia sempre negli stessi termini.
Su quel palco si sono alternati leader nati e ragazzotti un po’ impacciati che facevano valere la forza delle proprie argomentazioni in un clima di assoluta uguaglianza.
Quello di sabato è stato uno dei momenti politicamente formativi più alti della mia vita, un momento in cui si è parlato di idee, di cose da fare e, quasi mai di personaggi e personalismi. Il modo in cui la politica dovrebbe essere fatta, insomma.
Ho trascorso una giornata ad ascoltare questi ragazzi che si ritroveranno a combattere contro un sistema incistato che non ne vuole sapere di cambiare, a fronteggiare l’avversione di quelli che preferiscono continuare business as usual fino al baratro perché cambiare è troppo doloroso, le resistenze di quelli che col solito cinismo dicono che tanto non si può fare.
Saranno trattati ingiustamente, saranno accusati di crimini infami in molti casi inventati e saranno contrastati in ogni modo lecito e illecito. Ma la differenza con le altre generazioni precedenti che si sono trovate ad affrontare delle lotte è che questa è la prima generazione che non ha niente da perdere e che non potrà vendersi al “sistema” in cambio di un buon posto di lavoro o di uno zero in più in busta paga.
Per questo è a loro che va tutta la mia simpatia e la solita raccomandazione: siate spietati, ragazzi, ché non avete alternative.